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Doberdò si sentiva confortato da quella filosofia spic-
ciola che da anni si teneva in corpo, dal giorno in cui
Clementina gli aveva perentoriamente proibito di prof-
ferire simili stupidaggini tra persone di riguardo come
quelle che frequentavano palazzo Doberdò. Ma ora po-
teva sfogarsi, ché lo ascoltava solo la campagna, con la
Califfa che pendeva dalle sue labbra.
«Perché, vedi, la vita di un uomo come me è quella di
un tarlo, che parte dalla luce, e scava, gira e rigira su se
stesso, dentro, sempre più dentro, per arrivare al midol-
lo di chissà che cosa...Capisci?...» La Califfa allungò il
mento per dire né sì né no.
«... e, quando arriva, si rende conto che in quel mi-
dollo c è solo buio, buio e freddo... e che la luce stava
fuori... e che sarebbe stato meglio se fosse stato fuori...
tanta fatica di meno, tante umiliazioni...» Ma, ormai, il
vino gli inceppava le parole e gli rendeva pesanti le pal-
Letteratura italiana Einaudi 159
Alberto Bevilacqua - La califfa
pebre. Le dita gli si allentarono, il bicchiere gli si rove-
sciò sull erba, il sonno lo invase con un grande calore.
La Califfa si tolse il cibo dalla mano, lo ricoprì con la
giacca, poi si distese anche lei sull erba e finì per addor-
mentarsi.
Doberdò sognava così preciso, che il suo gli pareva,
nel dormiveglia, un logico pensiero. Ecco, ora si sarebbe
alzato e, portandosi la Califfa, avrebbe riattraversato il
campo. Bastava arrivare all argine e già si scorgeva quel-
la casa col muro crollato e le finestre che sbattevano co-
me panni al vento. «Ma che t importa, Annibale, se un
giorno o l altro quel porcile va giù?... Con tutto quello
che abbiamo per la testa tu mi vai a pensare a quel por-
cile...» Così Clementina, e lui dunque doveva ricacciare
nel buio della coscienza anche il ricordo gentile: di se
stesso ragazzo, dentro la casa popolata di madri, di pa-
dri, di zii, di cugini, sotto i salti del gallo di latta, allegro
sul tetto come tutti, con l odore allegro del vino che sali-
va dal ventre della cantina.
Cos era alzare un muro, ficcare qualche puntello sot-
to il soffitto, rimettere infissi alle finestre? Testarda
d una Clementina, che le inventava apposta per dargli la
frecciata, e lui zitto, senza prendere iniziative, per man-
giare in pace almeno quel piatto di minestra. Così l er-
baccia era cresciuta a mucchi, fino in cima, tanto che la
casa sembrava un fontanone, con gli zampilli di quelle
barbe che uscivano da ogni buco, dondolando in aria.
Ora sarebbero entrati, lui e la Califfa, poiché il tavolo
ci stava, e anche il camino, e persino un letto coi mate-
rassi. Alla faccia di Clementina. E vedeva il polverone
invadere le finestre, per la loro allegria, e poi la fiamma
nel camino, bella e ritrovata ai suoi occhi di nuovo vergi-
ni, come la prima fiamma vista dall uomo. Rugosa come
una tartaruga, quindi, la polenta sarebbe scivolata sul ta-
Letteratura italiana Einaudi 160
Alberto Bevilacqua - La califfa
gliere, e loro due ad afferrarne le lingue straripanti, e via
col vino e, alla fine, un toscano da arricciarsi sotto il na-
so come un baffo. E, spentosi il chiasso del pranzo, nel
silenzio della casa invasa dalla sera, sarebbe risuonato,
annuncio di confermata salute, slabbrata vendetta con-
tro i Gazza, le Clementine, i Giampieri, un rutto.
Da quanti anni lo attendeva, ricercandolo tra i residui
immiseriti del suo benessere fisico, implorandolo al suo
stomaco smorfioso, un rutto, o almeno un ruttino. E un
giorno che, in un risveglio luminoso quanto inatteso,
l aveva invaso la vitale spinta, s era ritrovato dinnanzi la
faccia del Martinolli, il Vicario a destra e la Clementina
a sinistra della tavolata, e aveva dovuto respingerlo, quel
grazioso regalo del suo stomaco, e umiliarlo ricaccian-
dolo giù con un colpetto di reni.
La Califfa, felice, l avrebbe visto spogliarsi della sua
veste ufficiale, contento e disgustato, come una recluta
in congedo si spoglia della divisa. Nudo dunque, e non
solo per metafora, sarebbe scivolato al fianco di lei, in
quel letto dove, da ragazzo, gli erano nate le prime vo-
glie e in lunghe notti, con il sonno che era cenere fragile
sotto la quale covava la brace della lussuria, aveva pen-
sato quale sarebbe stata la prima e l ultima, della sua
parte di donne.
Il cibo, il vino, l aria ritrovata, l eccitante granulosità
di quelle lenzuola, il canto antico di quei materassi, gli
avrebbero permesso, finalmente, di rendere il suo meri- [ Pobierz całość w formacie PDF ]
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